Onorevoli Deputati! - Con il presente disegno di legge il Governo intende proseguire l'azione intrapresa con il decreto- legge recante misure per il rilancio economico (decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), accompagnandola con misure volte a creare un ambiente di infrastrutture burocratiche più favorevole allo svolgimento delle attività economiche e, al tempo stesso, a garantire ai cittadini la qualità dei servizi resi, sia dalla pubblica amministrazione, sia dai soggetti che ad essa si sono sostituiti in settori di rilevante importanza per la vita quotidiana, come i gestori di servizi pubblici.
      In tale prospettiva il disegno di legge reca un complesso di misure finalizzate a garantire l'efficienza delle amministrazioni pubbliche e a ridurre, in modo significativo e concreto, i costi burocratici per i cittadini e per l'insieme degli operatori economici.
      Il provvedimento intende conseguire tali obiettivi innanzitutto attraverso la semplificazione e l'accelerazione dei tempi e delle modalità di svolgimento dell'attività amministrativa, l'intervento sui quali è improntato, da un lato, al principio della ragionevolezza delle disposizioni che fissano termini più lunghi di quelli previsti dalla legge, nonché al controllo costante dei tempi dell'azione amministrativa, nella

 

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logica della manutenzione continua dei procedimenti; dall'altro, all'individuazione di misure volte a rendere concretamente efficaci e perseguibili gli obiettivi di certezza e di riduzione dei tempi, mediante l'introduzione di sanzioni pecuniarie e di forme di responsabilità volte a scoraggiare l'inerzia ingiustificata dell'amministrazione.
       Il disegno di legge introduce, inoltre, interventi di modernizzazione di funzioni e di procedure, al fine di imprimere una maggiore flessibilità all'azione amministrativa, limitando l'intervento pubblico soltanto ai casi in cui lo stesso risulti strettamente indispensabile.
      La proposta normativa trova, sotto tale profilo, il suo fondamento nei moderni princìpi di governance, per cui il cittadino e le imprese sono posti al centro del sistema quali utenti di servizi che la pubblica amministrazione deve fornire in modo efficiente ed efficace garantendone la migliore qualità.
      Un'altra importante direttrice lungo la quale il provvedimento si snoda, infine, è quella dell'estensione ai gestori di servizi pubblici di alcune disposizioni poste a presidio della trasparenza e della tutela del privato nei rapporti con la pubblica amministrazione, nella convinzione che la sfera di interessi coperta dall'attività di tali gestori, la quale, del resto, succede a funzioni una volta svolte dall'amministrazione pubblica, sia di tali rilevanza e ampiezza da non giustificare rapporti con l'utenza fondati su garanzie meno intense di quelle assicurate nell'ambito del procedimento amministrativo.
       Il provvedimento legislativo, su cui la Conferenza unificata in data 16 novembre 2006 ha espresso parere favorevole, è suddiviso in due capi ed è redatto in 18 articoli, il cui contenuto viene di seguito illustrato.
      Il Capo I reca misure volte alla riorganizzazione dell'azione amministrativa, alla riduzione e alla certezza dei tempi dei procedimenti e relative forme di tutela.
      L'articolo 1 apporta alcune modifiche alla legge 7 agosto 1990 n. 241, concernenti vari aspetti della disciplina del procedimento amministrativo, cui si vuole conferire una maggiore trasparenza e semplicità nelle modalità di svolgimento, nonché una maggiore certezza relativamente ai tempi di conclusione dello stesso.
       Il comma 1 del presente articolo è suddiviso nelle lettere da a) ad e).
      Con la lettera a) si novella l'articolo 2 della legge n. 241 del 1990 che, come è noto, disciplina i tempi di conclusione del procedimento.
      In particolare, si sancisce che i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni devono, di norma, concludersi nel termine di trenta giorni (in conformità a quanto già avviene secondo le migliori prassi in vigore presso molti enti locali), fatte salve soltanto le diverse ipotesi espressamente disciplinate dalla legge, nonché quelle individuate con regolamenti adottati dalle singole amministrazioni. Ai sensi dei commi 3 e 4, infatti, le singole amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali individuano con appositi regolamenti la durata dei procedimenti di propria competenza, che devono comunque concludersi in un termine non superiore a novanta giorni.
      È invece ristretta, rispetto al passato, la possibilità di aumentare il termine di novanta giorni, mediante la previsione che ciò avvenga non più con regolamenti delle singole amministrazioni, ma con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale è affidato il controllo della effettiva sussistenza di fondate ragioni per procedere in tal senso. In particolare, la norma prevede che la deroga temporale possa essere concessa solo tenuto conto della sostenibilità dei termini sotto il profilo dell'organizzazione delle singole amministrazioni, nonché della natura degli interessi pubblici da tutelare. Il comma 5 riconosce alle Autorità di garanzia e di vigilanza, salvo quanto già disposto con specifiche disposizioni normative, il potere di disciplinare con autonomi provvedimenti i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza.
      Il comma 6 conferma il disposto normativo del vigente articolo 2 della legge
 

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n. 241 del 1990, in merito al dies a quo di decorrenza dei termini del procedimento amministrativo, che decorrono dall'inizio del procedimento d'ufficio ovvero dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte.
      Con il comma 7 si è inteso imprimere un'accelerazione al procedimento amministrativo prevedendo che, qualora le esigenze istruttorie dello stesso impongano l'acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a stati, fatti e qualità, non in possesso di altre pubbliche amministrazioni, i termini procedimentali prescritti per legge o per regolamento o per decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non possano essere sospesi per più di una volta.
      La lettera b) introduce, dopo l'articolo 2 della citata legge n. 241 del 1990, l'articolo 2-bis, che disciplina le conseguenze derivanti dal ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento, e l'articolo 2-ter, che prescrive di fornire l'elenco della documentazione, nonché i moduli e i formulari da utilizzare ai fini della presentazione di un'istanza.
      La prima delle due descritte norme (articolo 2-bis), che costituisce un punto centrale del provvedimento, sancisce il principio per cui le pubbliche amministrazioni sono tenute a risarcire il danno ingiusto causato dall'inosservanza dei termini procedimentali, indipendentemente dalla spettanza del beneficio derivante dal provvedimento richiesto, assicurando, altresì, la corresponsione, a titolo sanzionatorio del mero ritardo, di una somma di denaro in misura fissa ed eventualmente progressiva. Inoltre, con ciò aderendo a una delle proposte emendative formulate dalle regioni e dagli enti locali durante l'esame del disegno di legge in sede di Conferenza unificata, la disposizione esclude la corresponsione della predetta somma nei casi di silenzio-assenso e precisa che la progressività della sanzione è ancorata a criteri qualitativi e quantitativi che, pertanto, consentono di tenere in dovuta considerazione la rilevanza degli interessi coinvolti nel procedimento.
      La misura, il termine di corresponsione e le modalità di pagamento della citata somma sono stabiliti con regolamento governativo; è riconosciuta contestualmente alle regioni e agli enti locali l'autonomia di determinare le modalità di pagamento relativamente ai procedimenti di propria competenza.
      La competenza sulle controversie sorte in merito all'applicazione della presente norma è attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, prevedendosi per il risarcimento del danno il consueto termine di prescrizione quinquennale e assoggettandosi, invece, il diritto alla corresponsione della somma a titolo di sanzione alla prescrizione più breve di un anno, maggiormente consono alla diversa natura della misura.
      Con l'articolo 2-ter, al fine di garantire maggiore trasparenza e certezza, viene stabilito per le pubbliche amministrazioni l'obbligo di rendere disponibili sia attraverso gli uffici per le relazioni con il pubblico sia per via telematica - in assoluta coerenza con le disposizioni normative del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 - l'elenco della documentazione da presentare unitamente alle istanze dei privati, nonché i moduli e i formulari richiesti e validi agli effetti di legge, ciò anche per quanto concerne le certificazioni e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà.
      Il comma 3 del medesimo articolo introduce una norma di chiusura che attribuisce carattere di tassatività al numero e alla tipologia di informazioni e di documenti che la pubblica amministrazione può richiedere a cittadini e imprese. I dati richiesti, infatti, sono quelli espressamente indicati negli elenchi, moduli e formulari precedentemente pubblicizzati. È pertanto previsto che la richiesta di informazioni e di documenti eccedenti quelli espressamente individuati presuppone l'emanazione di un atto amministrativo motivato e la sospensione del procedimento.
      La medesima ratio, ossia quella di imprimere la massima celerità e speditezza
 

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al procedimento amministrativo, ispira la modifica dell'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990, proposta alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 del presente disegno di legge, in materia di comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di parte.
      Nel confermare il procedimento di comunicazione indicato al predetto articolo 10-bis, si precisa che la comunicazione dell'autorità o del responsabile del procedimento «sospende» e non «interrompe» i termini per la conclusione del procedimento medesimo, termini che «riprendono» e non «iniziano nuovamente» a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni che l'amministrazione deve valutare.
      Con la lettera d) del comma 1 dell'articolo 1 si recano modifiche all'articolo 16 della predetta legge n. 241 del 1990, in relazione all'attività svolta dagli organi consultivi delle amministrazioni pubbliche, i quali sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro il termine massimo di quarantacinque giorni decorrenti dal ricevimento della richiesta.
      L'inutile decorso del termine, senza l'emissione del relativo parere o senza la comunicazione di esigenze istruttorie, attribuisce all'amministrazione richiedente la facoltà (in caso di parere obbligatorio) o l'obbligo (in caso di parere facoltativo) di procedere indipendentemente dall'emanazione del parere.
      In tali casi, l'organo competente ad adottare il provvedimento non risponde di eventuali danni derivanti dalla mancata acquisizione dei pareri.
      Novellando il comma 5 del medesimo articolo 16, si dispone, infine, che tutti i pareri resi dagli organi consultivi delle amministrazioni pubbliche devono essere trasmessi per via telematica, dando particolare evidenza e obbligatorietà alle modalità di trasmissione on line degli atti degli organi consultivi.
      La lettera e) del comma 1 dell'articolo 1 in questione modifica l'articolo 17 della già citata legge n. 241 del 1990, in materia di valutazioni tecniche di organi o enti appositi.
      Si dispone che, decorsi ulteriori novanta giorni dalla richiesta di valutazione ad altro organo o ente, prevista dalla norma in vigore, senza che quest'ultimo abbia provveduto, l'organo competente emana comunque il provvedimento. Anche in tale caso viene esclusa qualsiasi imputabilità, all'organo competente ad adottare il provvedimento, degli eventuali danni derivanti dalla mancata emissione delle valutazioni tecniche in esame. In tal modo, si intende esonerare l'amministrazione da qualsiasi responsabilità derivante dall'inerzia eventuale degli organi o enti consultivi, consentendo comunque al procedimento di giungere alla sua conclusione.
      Il comma 2 dell'articolo 1 del presente disegno di legge rimette ai servizi di controllo interno delle amministrazioni ovvero alle strutture delle medesime amministrazioni cui sono affidate, in forza dei rispettivi ordinamenti, le verifiche sul rispetto dei termini procedimentali, il compito di misurare, anche avvalendosi dei sistemi di protocollo informatico, i tempi medi di conclusione dei procedimenti, evidenziando tramite un apposito rapporto annuale, il numero e le tipologie dei procedimenti che non si sono conclusi nei termini previsti. Il rapporto, da redigere annualmente entro il 15 febbraio, a cura delle singole amministrazioni competenti, deve essere corredato di un piano per la riduzione dei tempi e presentato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
      L'introduzione dell'obbligo, a carico delle amministrazioni, di controllare i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti e la redazione del rapporto annuale con il relativo piano di riduzione perseguono la duplice finalità di conoscere l'andamento reale della durata dei procedimenti amministrativi - rilevando scostamenti e potenziali cause del ritardo e giungendo, così, a un adeguamento dei tempi procedimentali alla realtà - nonché di potenziare l'accelerazione della conclusione dei procedimenti e la riduzione dei ritardi amministrativi.
      Il successivo comma 3 dell'articolo 1 in trattazione stabilisce i termini entro cui
 

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dovranno essere adottati i regolamenti di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, come modificato dal comma 1, fissando il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, nonché individuando la disciplina transitoria.
      Con il comma 4 si prevede che il regolamento di cui all'articolo 2-bis, comma 3, della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla presente legge, sia emanato dalle amministrazioni statali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione, mentre le regioni e gli enti locali adottano entro sessanta giorni gli atti finalizzati agli adempimenti previsti dal predetto comma 3. Decorsi i termini, in caso di mancata adozione degli atti previsti dal presente comma, la somma di cui al predetto articolo è liquidata dal giudice secondo equità.
      Con il comma 5 si fa obbligo alle amministrazioni di dare attuazione al disposto dall'articolo 2-ter della legge n. 241 del 1990 entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      L'articolo 2, contenente disposizioni in materia di programmazione statistica ed economica, mira ad accelerare e rendere certi i tempi di approvazione del Programma statistico nazionale, il cui iter di approvazione annuale è stato negli ultimi anni fortemente ritardato dai tempi di espressione del parere reso dal Garante per la protezione dei dati personali.
      La ritardata approvazione del Programma comporta, infatti, notevole incertezza nelle attività dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e degli altri enti del Sistema statistico nazionale (SISTAN), con conseguenze negative anche per il rispetto degli obblighi derivanti dai regolamenti dell'Unione europea, producendo difficoltà operative per le imprese e gli altri soggetti sui quali ricade l'obbligo di risposta.
      L'articolo 3 reca alcune misure che hanno l'evidente ratio di garantire l'attuazione del sistema del protocollo informatico all'interno delle singole amministrazioni. A questo scopo viene stabilito, in primis, che i responsabili per i sistemi informativi automatizzati sono tenuti a riferire, entro il 31 marzo 2007, circa l'attuazione delle disposizioni sulla gestione del protocollo informatico previste dall'articolo 50 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
      La disposizione stabilisce, inoltre, che, in caso di inosservanza della normativa che disciplina il protocollo informatico, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione nomini, senza possibilità di prevedere il riconoscimento di compensi aggiuntivi, il responsabile dei sistemi informativi commissario ad acta, con l'obbligo di riferire sul corretto funzionamento del sistema di gestione entro centottanta giorni dalla nomina.
       Il comma 3 prevede, inoltre, che il Governo promuova, attraverso la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, intese e accordi con le regioni e con le autonomie locali per favorire la generale adozione del protocollo informatico da parte di queste.
      L'articolo 4 prevede un programma biennale di sperimentazione finalizzato alla riprogettazione e alla riorganizzazione dei processi di servizio, anche in deroga a disposizioni vigenti, alla riduzione degli oneri amministrativi che gravano sui cittadini e sulle imprese, nonché al raggiungimento degli obiettivi di maggior utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'azione amministrativa. Il programma è svolto sotto il controllo dei competenti uffici della Presidenza del Consiglio dei ministri ed è finalizzato alla formulazione, da parte di questi ultimi, di proposte di modifica della normativa vigente al Comitato interministeriale di cui all'articolo 1 del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80.
      Il successivo articolo 5 detta norme in materia di pubblicità dei procedimenti amministrativi. Il predetto articolo integra l'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, prevedendo, con l'introduzione
 

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della lettera g-bis) nel comma 1 del medesimo articolo, che i siti delle pubbliche amministrazioni disponibili in rete devono contenere anche l'elenco dei casi in cui sono applicabili il silenzio-assenso e la dichiarazione di inizio attività per quanto riguarda i procedimenti di propria competenza.
      Con l'articolo 6 si novella l'articolo 14 della legge n. 241 del 1990, con la finalità di estendere l'applicazione dell'istituto della conferenza di servizi anche ai concessionari, agli incaricati e ai gestori di pubblici servizi (ENEL, SNAM, Rete ferroviaria italiana, ANAS, eccetera), esclusi dalla formulazione attuale degli articoli 14 e seguenti della legge medesima. In particolare, viene previsto il coinvolgimento di tali soggetti, senza diritto di voto, quando il procedimento amministrativo o il progetto dedotto nella conferenza di servizi implichi adempimenti di concessionari o incaricati di pubblico servizio, con l'obiettivo di parificarli alla pubblica amministrazione - cui si sostituiscono nella materiale gestione dei servizi pubblici - favorendone le modalità di raccordo con la stessa per la più efficace realizzazione dell'istituto della conferenza, che mira alla semplificazione dell'attività amministrativa.
      Con il comma 3 si modifica l'articolo 29 della legge n. 241 del 1990, chiarendo, al fine di risolvere i numerosi dubbi interpretativi sinora manifestati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, l'ambito di applicazione delle disposizioni della cosiddetta legge sul procedimento amministrativo alle regioni e agli enti locali.
      In particolare, da un lato, il nuovo comma 1 dell'articolo 29 della legge n. 241 del 1990 prevede che le disposizioni contenute nell'articolo 2-bis («Conseguenze per il ritardo dell'amministrazione nella conclusione del procedimento»), introdotto dal presente disegno di legge, si applicano a tutte le amministrazioni pubbliche, rientrando rispettivamente il «risarcimento del danno da ritardo» e la «sanzione civile per mera inosservanza del termine di conclusione del procedimento» nell'alveo delle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Dall'altro lato, il comma 2-bis, come novellato dal presente disegno di legge, stabilisce che attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale) le disposizioni concernenti gli obblighi, a carico della pubblica amministrazione, di garantire la partecipazione dell'interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato con un provvedimento espresso e motivato, di assicurare l'accesso alla documentazione amministrativa. Il comma 2-ter aggiunge, poi, che attengono, altresì, ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, le disposizioni in tema di silenzio-assenso e di dichiarazione di inizio di attività, ferma restando, però, la possibilità di un'intesa in sede di Conferenza unificata volta a limitare i casi in cui le norme citate trovano applicazione.
      L'articolo in esame stabilisce, inoltre, che le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dai princìpi generali, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela (comma 2-quater, introdotto dal disegno di legge in esame). Trova, infine, spazio nel dettato normativo una disposizione di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le province di Trento e di Bolzano (comma 2-quinquies).
      Per rispondere ad una necessità fortemente avvertita dai consumatori, si estendono, inoltre, gli obblighi in materia di responsabile del procedimento, di cui alla legge n. 241 del 1990, ai gestori dei servizi di pubblica utilità di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 481 del 1995.
      Ad ulteriore tutela dell'utenza, la norma demanda alle competenti autorità di regolazione l'introduzione di forme di indennizzo automatico e forfetario da corrispondere, anche in via di autotutela
 

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negoziale, in caso di violazione degli obblighi in parola ovvero dei livelli qualitativi e quantitativi previsti dalle singole carte dei servizi.
      La stessa norma contempla, inoltre, la possibilità di estendere, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tale prescrizione ad altri gestori di servizi di interesse generale, sempre in vista di una maggiore trasparenza nei rapporti con l'utenza.
      Si stabilisce, poi, che, con riferimento ai ricorsi avverso i provvedimenti dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, la competenza di primo grado spetta in via esclusiva e inderogabile al tribunale amministrativo regionale del Lazio, così come per i ricorsi avverso i provvedimenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (comma 5). Conseguentemente, il comma successivo sopprime la disposizione contenuta nell'articolo 2, comma 25, della legge n. 481 del 1995, che assegna la competenza al tribunale amministrativo regionale del luogo ove ha sede l'Autorità.
      Con l'articolo 7 si introduce a carico del dirigente una misura che ha lo scopo di responsabilizzarlo ulteriormente in relazione alle carenze, di natura prevalentemente organizzativa, che possono compromettere la puntuale osservanza dei termini procedimentali o determinare aggravi per il cittadino, in termini di adempimenti superflui o inutili.
      In tale senso si prevede che, fatte salve le disposizioni derivanti dalla contrattazione collettiva in materia di trattamento economico accessorio per i dirigenti - alle quali sono evidentemente rimesse la determinazione della voce del trattamento economico accessorio interessata dalla previsione normativa in esame, nonché la specificazione dei relativi criteri - al dirigente può non essere attribuito, in tutto o in parte, ferme restando le garanzie e le procedure di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 1999, il trattamento economico accessorio nel caso in cui si verifichi una grave o ripetuta inosservanza dell'obbligo di provvedere entro i termini prefissati per ciascun procedimento, ovvero una grave e ripetuta inosservanza dell'obbligo di predisporre e di rendere noto agli interessati l'elenco dei procedimenti e degli adempimenti amministrativi di cui all'articolo 2-ter della legge n. 241 del 1990, introdotto dal presente disegno di legge, o l'inosservanza del divieto di richiedere al privato i documenti per i quali la normativa vigente consente il ricorso all'autocertificazione.
      L'articolo 8 contiene disposizioni in materia di tutela amministrativa e di normazione regolamentare e delegata.
      In particolare, con il comma 1 sono apportate alcune modifiche all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, in materia di disciplina dei ricorsi amministrativi.
      A fini di maggiore trasparenza viene previsto che copia della relazione istruttoria, nonché delle eventuali controdeduzioni delle altre amministrazioni, sia trasmessa anche alle parti. Si prevede, altresì, con la modifica del secondo comma dell'articolo 11, che il ricorrente possa depositare direttamente copia del ricorso presso il Consiglio di Stato.
      Il comma 2 del presente articolo integra l'articolo 13 del citato decreto del Presidente della Repubblica, prevedendo in particolare che, nel caso in cui il ricorso straordinario al Capo dello Stato non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale, la quale sia non manifestamente infondata, il Consiglio di Stato sospenda l'espressione del parere, trasmettendo gli atti direttamente alla Corte costituzionale e notificando il relativo provvedimento ai soggetti interessati. L'esigenza di prevedere e disciplinare in modo espresso l'eventualità che sia sollevata una questione di legittimità costituzionale nasce dalla evidente incongruità che il ricorso straordinario possa essere deciso in applicazione di norme sospettate di illegittimità costituzionale, in contrasto con i basilari princìpi in tema di tutela giurisdizionale delle parti.
      Il comma 3 introduce all'interno nell'articolo 14 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica una nuova disposizione secondo cui i ricorsi diretti ad
 

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ottenere l'esecuzione dei decreti di decisione resi nel regime di alternatività sono proposti dinanzi al tribunale amministrativo regionale competente per territorio. Si prevede, mediante il richiamo del primo comma dell'articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, un doppio grado di giudizio (piuttosto che l'unico grado che sarebbe conseguito al rinvio al secondo comma dello stesso articolo), così assicurando un intervento più ponderato da parte del giudice dell'ottemperanza.
      Il comma 4 modifica l'articolo 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, prevedendo l'applicazione delle medesime forme di pubblicità, indicate dal terzo e quarto comma dell'articolo 14 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, nei casi di annullamento di atti amministrativi generali a contenuto normativo. La norma colma una grave lacuna nel sistema della pubblicità, e dunque della conoscibilità, delle sentenze che incidono, con effetto erga omnes, sul diritto oggettivo di rango secondario. Per evidenti ragioni di praticità, si è ritenuto di limitare la pubblicazione alle sentenze passate in giudicato.
      Il comma 5, modificando l'articolo 15 della legge n. 205 del 2000, prevede che i pareri del Consiglio di Stato rechino la sottoscrizione del presidente del collegio e dell'estensore.
      Il successivo comma 6 stabilisce che il Governo, per l'attuazione delle deleghe di cui all'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, possa avvalersi del Consiglio di Stato. A tale scopo è prevista, presso il medesimo Consiglio (sezione per gli atti normativi), l'istituzione di una segreteria tecnica, composta da dieci unità individuate nell'ambito delle amministrazioni pubbliche e obbligatoriamente poste in posizione di distacco.
      Il comma 7 apporta alcune modifiche all'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in materia di giudizio amministrativo sul silenzio. In particolare, alcune disposizioni, precedentemente contenute nell'articolo 2 della legge n. 241 del 1990, vengono inserite, attraverso una più corretta collocazione sistematica, nell'ambito del predetto articolo 21-bis.
      Il comma 8, infine, integra il disposto dell'articolo 76 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevedendo espressamente che nell'anagrafe degli amministratori locali e regionali siano menzionate le sentenze di condanna emesse dalla Corte dei conti ai sensi degli articoli 53, comma 1, numero 5), e 248, comma 5, del medesimo testo unico.
      Il comma 9 estende, invece, le disposizioni in tema di «informatica giuridica», previste dall'articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, anche ai pareri resi dal Consiglio di Stato, i quali sono, pertanto, resi accessibili anche attraverso il sistema informativo e il sito istituzionale nella rete internet, osservando però le specifiche cautele previste dal medesimo codice (articolo 52).
      L'articolo 9 introduce misure per la digitalizzazione degli atti e dei documenti nei processi amministrativo, contabile e tributario e altre misure di semplificazione delle notificazioni. Si rimette ad uno o più decreti, adottati, sentiti gli ordini professionali interessati, rispettivamente, per la giustizia amministrativa dal Presidente del Consiglio di Stato, per la giustizia contabile dal Presidente della Corte dei conti e, per la giustizia tributaria, dal Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di determinare i tempi e le modalità della progressiva digitalizzazione degli atti e dei documenti dei procedimenti giurisdizionali amministrativo, contabile e tributario e dei procedimenti dinanzi alle sezioni consultive del Consiglio di Stato e alle sezioni di controllo della Corte dei conti. I decreti dispongono una fase di sperimentazione parziale o totale, anche limitata a singoli uffici giudiziari.
      Le magistrature ordinaria, amministrativa, contabile e tributaria curano il costante scambio di informazioni in ordine ai programmi di digitalizzazione dei relativi procedimenti giurisdizionali e consultivi, anche al fine di favorire il riuso dei programmi informatici ai sensi dell'articolo 69 del codice dell'amministrazione
 

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digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005.
      Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti le regole tecniche e i formati da utilizzare nell'ambito dei procedimenti interessati.
      Il Capo II reca distinte misure finalizzate alla riduzione degli oneri per i cittadini e per le imprese.
      L'articolo 10, al comma 1, introduce una norma di semplificazione, sostituendo il certificato di agibilità, previsto dall'articolo 24 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, con una semplice dichiarazione di conformità degli edifici e degli impianti, rilasciata sotto la propria responsabilità dal direttore dei lavori sulla base della documentazione prevista dall'articolo 25 del medesimo testo unico.
      Il comma 2 detta, invece, una norma finalizzata a riorganizzare e a razionalizzare il sistema dei controlli amministrativi sulle attività di impresa in materia ambientale e di certificazione di qualità. In particolare, la disposizione in esame prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dello sviluppo economico, siano individuate le materie e le tipologie di attività nelle quali i suddetti controlli amministrativi si sovrappongono ai controlli periodici svolti dai soggetti certificatori accreditati in conformità a norme tecniche europee e internazionali sulle imprese soggette a certificazione ambientale o di qualità.
      L'articolo 11 introduce modifiche all'articolo 119 del vigente codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, in tema di accertamenti medici per il conseguimento della patente di guida e in materia di esami di idoneità. Le disposizioni, che sono finalizzate a conseguire un risultato di semplificazione e di snellimento dell'attività amministrativa, si propongono di completare l'assetto delle competenze in materia di accertamento dei requisiti fisici e psichici dei conducenti, anche alla luce della previsione contenuta nell'articolo 103 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. In tale senso, viene quindi istituito, presso ogni ufficio della motorizzazione, un apposito elenco nel quale i medici interessati devono essere iscritti a condizione che possiedano una serie di requisiti.
      Sempre in tema di accertamenti medici, si è reso necessario introdurre alcune innovazioni per quanto riguarda le commissioni mediche, che attualmente sono istituite in ogni capoluogo di provincia. Per rendere più capillare il servizio ai cittadini, soprattutto a quelli diversamente abili - che sono tenuti a sottoporsi a visita medica presso le commissioni mediche locali - si è previsto che le suddette commissioni possano essere costituite, previa valutazione dei competenti organi regionali, presso ogni azienda sanitaria locale. In conformità al nuovo riparto di competenze, susseguente anche alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, è stata introdotta una modifica all'articolo 119, comma 5, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, che deferisce alle regioni ovvero alle province autonome di Trento e di Bolzano la competenza a decidere i ricorsi avverso il giudizio delle commissioni mediche locali.
       L'intero complesso delle disposizioni proposte dall'articolo in commento, la cui concreta attuazione è rimessa ad un regolamento da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, soddisfa pienamente le esigenze di semplificazione e di snellimento dell'attività amministrativa.
      L'articolo 12, modificando gli articoli 2, 71 e 72 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, estende ai gestori di servizi bancari e assicurativi l'obbligo di accettare le dichiarazioni e le autocertificazioni presentate
 

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dai clienti. In tale modo questi ultimi vengono equiparati, per quanto riguarda gli oneri di documentazione, agli utenti delle pubbliche amministrazioni.
      Con specifico riferimento a queste ipotesi, le amministrazioni competenti al rilascio della certificazione sono tenute, su richiesta del gestore dei servizi bancari e assicurativi e previo consenso del dichiarante, a confermare per iscritto la corrispondenza tra la dichiarazione e i dati in loro possesso.
      Sempre l'articolo 12 prevede, poi, l'individuazione, da parte delle amministrazioni certificanti, di uno specifico ufficio responsabile di tutte le attività connesse all'accertamento d'ufficio e ai controlli (articoli 43 e 71 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000). Il responsabile di tale ufficio deve predisporre una relazione sull'attività e sui risultati conseguiti, da trasmettere all'ufficio di controllo interno, anche ai fini della valutazione dei dirigenti. Queste misure organizzative, adottate per l'acquisizione d'ufficio dei dati e l'effettuazione dei relativi controlli, devono essere rese note dalle amministrazioni certificanti anche attraverso la pubblicazione nel sito internet dell'amministrazione.
      La mancata risposta, entro trenta giorni dalle richieste di controllo, costituisce violazione dei doveri d'ufficio e rappresenta, in ogni caso, elemento negativo ai fini della valutazione del responsabile dell'ufficio.
       L'articolo 13 mira, invece, a semplificare notevolmente la fase della verifica dei requisiti e delle condizioni necessari all'acquisto della personalità giuridica ovvero alle modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto, spostando lo svolgimento della predetta fase procedimentale dinanzi al notaio. Le prefetture-uffici territoriali del Governo provvederanno all'iscrizione nel registro delle persone giuridiche sulla base dell'attestazione notarile.
       Al comma 2 è previsto, poi, che con decreto del Ministro dell'interno siano determinati i criteri e i parametri per la verifica dell'adeguatezza del patrimonio dell'ente alla realizzazione dello scopo, cui i notai dovranno uniformarsi.
      L'articolo 14, accogliendo una specifica richiesta da parte dei cittadini, a decorrere dal 1o gennaio 2007, proroga a dieci anni la validità della carta d'identità. Con questa disposizione si intende ridurre la frequenza e il numero delle procedure di rinnovo. Inoltre, tenuto conto della definitiva sostituzione del documento di identità cartaceo con la carta d'identità elettronica a decorrere dal 1o gennaio 2006 (articolo 7-vicies ter del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43), il comma 2 della stessa disposizione stabilisce che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 66, comma 1, del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, recante le caratteristiche e le modalità per il rilascio di tale documento, si conformi alla predetta disposizione. Ciò al fine di garantire la fruibilità del documento elettronico per la stessa durata attribuita al documento cartaceo.
      Il comma 3 del medesimo articolo 14, infine, delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti alla semplificazione e al riassetto delle disposizioni in materia anagrafica.
      Nell'esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi al rispetto dei princìpi e criteri direttivi indicati, volti al riordino, al coordinamento e alla semplificazione delle disposizioni vigenti, assicurando la revisione delle procedure in funzione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, la delegificazione dei procedimenti anagrafici, il riordino delle norme tecniche di garanzia dei dati personali e la semplificazione degli adempimenti richiesti al cittadino.
      L'articolo 15 apporta, invece, alcune modifiche all'articolo 29-bis della legge n. 184 del 1983, in materia di adozione internazionale. In particolare, al fine di realizzare un più efficace e proficuo raccordo tra gli interessati all'adozione, i
 

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servizi socio-assistenziali del comune di residenza e il tribunale per i minorenni, è previsto quanto segue:

          a) che la copia della dichiarazione di disponibilità ad adottare un minore straniero residente all'estero, depositata presso il tribunale, sia inviata, per gli adempimenti di competenza, anche ai servizi socio-assistenziali del comune di residenza;

          b) che, nel caso in cui il tribunale per i minorenni ritenga di dover dichiarare immediatamente l'inidoneità degli aspiranti all'adozione per manifesta carenza dei requisiti, il decreto motivato debba essere comunicato, oltre che agli interessati, ai servizi dell'ente locale competente.

      L'articolo 16 contiene, con i relativi princìpi e criteri direttivi, la delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante modifiche al codice della navigazione. Le modifiche avranno ad oggetto le sanzioni pecuniarie da irrogare nei confronti dei gestori aeroportuali, degli operatori aerei, dei manutentori aeronautici e dei prestatori di servizi al trasporto aereo.
      Il comma 3 contiene i princìpi e criteri di attuazione della delega: dalle sanzioni pecuniarie da comminare al gestore aeroportuale (qualora non rispetti gli obblighi specificati dall'articolo 705 del codice della navigazione ovvero i requisiti di sicurezza per la gestione dell'aeroporto) alle sanzioni da comminare ai manutentori e agli operatori aerei (nel caso in cui non rispettino i requisiti per il rilascio e per il mantenimento del relativo certificato), oltre che agli esercenti per violazione delle disposizioni normative in materia di assegnazione delle bande orarie; dall'indicazione dell'importo minimo e massimo delle sanzioni pecuniarie all'individuazione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) quale unica autorità competente all'irrogazione delle sanzioni amministrative.
      L'articolo 17 contiene la delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, che risponde, da un lato, all'esigenza di aumentare il livello di sicurezza della circolazione stradale e la salvaguardia della vita di tutti coloro che circolano sulle nostre strade con veicoli a motore, con l'obiettivo, conforme anche agli indirizzi comunitari, di ridurre drasticamente il numero delle vittime di incidenti; dall'altro, alla necessità di promuovere una semplificazione significativa della disciplina legislativa e procedure più snelle per l'adeguamento tecnico dei veicoli.
      La delega prevede un processo riformatore del codice della strada, profondo e di ampio respiro, non realizzato con gli interventi attuati negli ultimi anni, che, a cominciare dall'introduzione della «patente a punti» per arrivare al nuovo regime del certificato di idoneità alla guida dei motorini e al recepimento della direttiva europea sulla formazione dei conducenti professionali, hanno rappresentato solo un primo passo per affrontare in modo efficace e coerente, ma ancora non organico, il complesso problema della sicurezza della circolazione, rispetto al quale molto resta da fare per porre l'Italia al passo con gli altri Paesi europei.
      La vastità e la complessità dell'intervento rendono necessario, come per le riforme operate in altri settori, il ricorso ad una norma di delega che, valorizzando il fine della semplificazione, detti al Governo princìpi e criteri direttivi per un generale e organico riassetto delle norme vigenti in materia di circolazione stradale, con una revisione globale del codice della strada.
      In particolare, il presente articolo, al comma 1, enunzia i princìpi e criteri direttivi cui il Governo dovrà conformarsi nell'adozione del decreto legislativo.
      Al comma 3 del medesimo articolo, al fine di assicurare coerenza, chiarezza e semplicità della normazione secondaria del settore, è previsto l'esercizio della potestà regolamentare del Governo per l'adozione delle disposizioni correttive e integrative del regolamento di attuazione del codice della strada da coordinare con le modifiche che verranno introdotte dal decreto legislativo attuativo della presente delega.

 

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      Il comma 4 conferisce altresì al Governo l'ulteriore possibilità di apportare disposizioni integrative e correttive alla nuova disciplina introdotta con il decreto legislativo attuativo della presente delega, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      L'articolo 18 contiene, infine, una norma di copertura finanziaria (cosiddetta «norma di salvaguardia»), la quale statuisce, in modo inequivocabile, che dalla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, e che all'attuazione della medesima si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.